#9
di Carlo Monni
(con la preziosa consulenza di Valerio Pastore)
SELVAGGI IN TERRA SELVAGGIA
1.
Solo pochi istanti prima
era accaduta una cosa straordinaria almeno per quasi tutti i presenti.
Straordinaria e terrificante al tempo stesso.
Un
enorme dinosauro era emerso dalle acque, aveva afferrato tra le sue fauci il
battello con a bordo John Clayton e Lee Forrester lanciandoli lontano.
Una
cosa incredibile in qualunque altro posto, ma non nella Terra Selvaggia.
Greystoke House, Londra, Inghilterra. Più di trent’anni prima. L’uomo dai capelli bianchi e gli occhi grigi e penetranti terminò il
suo racconto dicendo:
-E questo è tutto
quello che so, esattamente come me lo ha raccontato mio nonno quando ero ancora
un bambino. Non so se le può bastare, Plunder.-
Robert Plunder, Settimo Barone Plunder
replicò:
-Sembra una storia
uscita da una rivista pulp di qualche decennio fa: un’isola dal clima tropicale
non lontano dalle coste dell’Antartide popolata da uomini primitivi, dinosauri
ed altre specie animali ormai estinte. È quasi impossibile da credere.-
-Ma lei ci crede,
non è così?-
-Ho letto i
resoconti di Bowen Tyler e del Capitano Bradley e non mi sembravano scritti da
gente in preda al delirio, tuttavia…-
-Tuttavia ogni
tentativo di ritrovare l’isola negli anni successivi non ha avuto successo,
come se fosse letteralmente scomparsa. Forse si è inabissata o forse…-
-O forse non era
dove l’hanno cercata. Forse le coordinate erano sbagliate o forse gli strani
fenomeni magnetici di quella particolare zona hanno fuorviato i naviganti o
forse ancora… Bowen ed i suoi vi arrivarono per mezzo di un sottomarino e se
quell’isola si trovasse sotto l’Antartide? Se fosse parte di un continente più
ampio finora sconosciuto dove il tempo si è fermato a milioni di anni fa? Che
ne pensa, Greystoke?-
-Penso che con la
sua fantasia avrebbe potuto essere un buon scrittore di fantasy… ma penso anche
che potrebbe aver ragione. Mio nonno si è imbattuto in qualcosa di simile
durante i suoi viaggi in Africa, quindi, perché no?-
-Mi fa piacere che
lo pensi anche lei. Tutti gli altri mi danno dell’illuso se non proprio del
visionario e del pazzo.-
-Di molti
scienziati ed esploratori si è detta la stessa cosa salvo poi pentirsene quando
le loro teorie si sono rivelate esatte. Immagino, quindi che sia deciso ad
andare alla ricerca di questa sua… Terra Selvaggia. Si ricordi, però, Plunder,
che non sarà di sicuro una passeggiata.-
-Ne sono
pienamente consapevole, Greystoke ma questo non mi impedirà di cercarla… e di
trovarla.-
Terra Selvaggia, oggi. Nel vedere il battello
del fratello scagliato oltre l’orizzonte Lady Jane Clayton grida:
-John!-
A
risponderle è solo una beffarda eco. Jane si rivolge verso Jim Scully:
-Dobbiamo fare qualcosa, subito!-
-E lo faremo.- replica l’uomo soprannominato
Skull ma dentro di sé sa che le probabilità di ritrovare Clayton e Forrester
vivi anche se fossero ricaduti in mare sono bassissime.
In
quel momento, praticamente senza preavviso, il cielo si oscura e comincia una
pioggia sempre più forte fino a trasformarsi in pochi minuti in una vera e
propria tempesta.
-No!- si lascia sfuggire Skull.
La
missione di salvataggio che già era difficile ora è diventata impossibile.
2.
in qualunque altro
posto il terzetto che procede per un sentiero scosceso sembrerebbe strano ma di
certo non nella Terra Selvaggia.
Ka-Zar,
è di origine britannica, non è nato qui, ma vi è cresciuto. il suo vero nome è
Kevin Plunder. È considerato, da molti ma non da tutti, il Signore della Terra
Selvaggia, un titolo in buona parte onorifico ma di cui lui sente comunque la
responsabilità.
Sua
moglie Shanna O’Hara è un’americana dalle ascendenze irlandesi che ha scelto
consapevolmente di lasciare la civiltà. In comune con il marito ha l’amore per
l’avventura ed un radicato senso di giustizia.
L’ultimo
componente del terzetto è quello più particolare di tutti: uno smilodonte ossia
una tigre dai denti a sciabola, una specie felina che altrove è estinta da
circa diecimila anni. Il suo nome è Zabu.
Si
fermano ad osservare alle loro spalle.
-Sulla costa si è scatenata una tempesta,- dice
Ka-Zar -Forse ci conviene trovare un riparo nel caso dovesse arrivare sin qui.-
-Non hai tutti i torti.- ammette Shanna -Anche
se questo ci rallenterà.-
-Ma farà lo stesso con i nostri avversari. Con
questo tempo dovranno rinunciare a nuovi attacchi.-
Ci
vuole poco perché i tre trovino riparo in una grotta mentre la pioggia comincia
a cadere.
-Mi chiedo ancora perché Stegron abbia mandato
i Mutati a rapire la Professoressa Clayton.-[1]
dice Shanna.
-Non sono sempre sicuro di capire la logica di
quell’essere. Vincent Stegron può anche essere stato umano ma da quando è stato
mutato in un dinosauro antropomorfo anche il suo cervello è cambiato: non
sempre prende decisioni che noi considereremmo razionali.- replica Ka-Zar
-L’unica cosa che mi viene in mente è che volesse informazioni sulla spedizione
Clayton.-
-Il che vuol dire che sono in pericolo.-
-Non se riusciremo ad impedirlo.-
Come
riuscirci è ovviamente tutto un altro discorso.
Il
campo base della spedizione è sconvolto dalla furia della tempesta. Chi può
riesce fortunosamente a rifugiarsi a bordo della nave madre i cui ormeggi
sembrano reggere per miracolo o,più probabilmente, grazie alla tecnologia
wakandana.
All’interno
Jane Clayton è ancora sconvolta e disperata.
-Dobbiamo salvare John!- esclama.
-Non appena le condizioni lo permetteranno
andrò personalmente alla sua ricerca.- le dice Jim Scully -Anche se…-
-Non dirlo nemmeno per scherzo. Mio fratello è
vivo. Deve esserlo. Deve!-
Vorrei
esserne altrettanto sicuro, pensa Scully, ma con il volo che hanno fatto e la
tempesta che è arrivata dopo, le probabilità che Clayton e la Forrester siano
ancora vivi sono bassissime. Solo riuscire a ritrovarli sarà un’impresa quasi
titanica ma lui ci proverà ugualmente.
In
quello stesso momento nella zona dell’Inghilterra chiamata Cumbria, all’interno
di un maniero in stile georgiano,
una donna anziana si agita nel suo letto
solitario e borbotta nel sonno:
-No, no, attenti!-
Improvvisamente si
sveglia di colpo scattando a sedere e grida:
-No!-
Le ci vuole un po' per riprendersi.
Istintivamente si gira verso l’altro lato del letto e poi si ricorda che suo
marito è a Londra per partecipare ad una seduta della Camera dei Lords e
probabilmente in questo momento sta riposando nella loro residenza cittadina.
Anche se è ancora notte deve chiamarlo.
Non
sa dire come e perché, ma Amanda Clayton Contessa di Greystoke ne è
assolutamente certa: entrambi i suoi figli sono in pericolo e lei non può farci
niente.
3.
Aleytys Forrester, Lee
per gli amici, grida mentre la sua imbarcazione è scagliata in aria da un
mostro gigante. Per quella che le sembra un’eternità si sente cadere e poi ecco
finalmente il mare. Stavolta, però, non è l’amico che spesso è stato per lei,
ma un mostro pronto ad inghiottirla tra le sue fauci. Alla fine l’urto arriva e
con esso il buio ed il freddo. Tanto freddo. È questa la morte? Si chiede senza
ricevere risposta.
Poi,
piano piano la sensazione di freddo si attenua, diviene più sopportabile. Non è
ancora morta dopotutto.
Lee
Forrester spalanca gli occhi e tossisce.
-Finalmente!- dice una voce d’uomo accanto a
lei.
Lee si rende conto di
essere distesa a terra. Si guarda intorno e comprende di essere all’interno di
una grotta fuori della quale si sta scatenando un fortissimo temporale a
giudicare dal rumore che sente.
La donna si accorge
anche di essere completamente nuda. Vicino a lei c’è John Clayton inginocchiato
a fare qualcosa con delle pietre. Anche lui è completamente nudo.
-Cosa diavolo sta succedendo?-
Clayton
si volta verso di lei. Non sembra minimamente imbarazzato dalla situazione.
-Sono felice che ti sia svegliata. Cominciavo a
temere che tutti i miei sforzi fossero stati inutili.-
-Cosa è successo?- ripete Lee.
L’istinto e
l’educazione ricevuta le imporrebbero di coprire le sue parti intime ma si
rende conto che non c’è un modo efficace per farlo. A Clayton la cosa sembra
decisamente non importare.
-Tu cosa ricordi?- le chiede.
-Una specie di dinosauro è sbucato dall’acqua
ed ha afferrato la barca fra i denti. Credevo che volesse divorarci, ma invece
ci ha scagliato lontano. Il resto è… confuso.-
-Puoi ringraziare la struttura del motoscafo se
siamo sopravvissuti all’urto con l’acqua. La lega metallica che con cui è stato
costruito lo scafo ha assorbito quasi tutto l’urto. Siano benedetti la
tecnologia wakandana ed il loro vibranio….-
Non molto tempo prima. John Clayton era
sicuro che sarebbe morto. Solo l’urto con l’acqua da quell’altezza sarebbe
bastato a spezzare le sue ossa e quelle di Lee Forrester. Morto perché non
aveva pensato ai dinosauri acquatici, che bizzarro epitaffio.
I suoi pensieri corsero ai suoi figli:
Jack aveva voluto viaggiare per l’Africa alla scoperta delle sue radici, aveva
detto. E lui non era troppo diverso dopotutto. Sua moglie non era convinta che
guidare la spedizione nella Terra Selvaggia personalmente fosse una buona idea.
Forse avrebbe dovuto darle ascolto ma ormai era troppo tardi.
L’urto fu violento e per qualche
istante John ebbe la sensazione che tutti i suoi organi interni cercassero di
farsi strada attraverso la sua gola poi quella sensazione passò e lui si rese
conto di essere ancora vivo. Si ricordò solo allora che lo scafo era fatto di
una lega di vibranio, lo straordinario metallo esistente solo in Wakanda capace
di assorbire gli urti e l’energia cinetica. Il suo sollievo fu di breve durata.
L’imbarcazione si rovesciò proiettando lui e Lee in acqua.
John lottò per non perdere i sensi e si
accorse che Lee stava affondando. Doveva essere svenuta. Nuotò a grandi
bracciate e la raggiunse riuscendo ad afferrarla per poi dirigersi verso la
superficie.
Finalmente riuscì ad emergere e respirò
a pieni polmoni. Nel frattempo aveva cominciato a piovere.
-Ci mancava solo
questo.- borbottò tra sé.
Mentre la pioggia aumentava d’intensità
trasformandosi in una vera e propria tempesta tropicale, John intravide quella
che sembrava una massa di terra. Non era sicuro di poterla raggiungere ma
dopotutto non gli restava altra scelta che provare.
Anche se era rallentato dal dover
trascinare Lee Forrester tenendole la testa fuori dall’acqua, riuscì a farcela,
ma con la tempesta che infuriava le cose non erano molto migliorate. Doveva
trovare un riparo alla svelta o sarebbe finita male.
La fortuna lo aiutò ancora una volta:
vide l’imboccatura di una grotta e, sollevata Lee tra le braccia, vi si diresse
più rapidamente che potè.
Un altro colpo di fortuna: era vuota,
nessun animale con cui contenderla. Meglio così: per quanto fosse in forma per
la sua età, lui non era il suo trisnonno che era capace di rompere il collo ad
un gorilla a mani nude.
La priorità adesso era Lee. Sembrava
ancora viva ma chissà quanta acqua le era entrata nei polmoni? Meglio farle la
respirazione bocca a bocca e toglierle il più alla svelta possibile i vestiti
fradici e doveva fare lo stesso anche lui.
Non ci volle molto per fare entrambe le
cose poi John usò le sue conoscenze per accendere un fuoco con quello che aveva
a disposizione quindi si sdraiò stretto a lei. Era un metodo efficace per
ristabilire la giusta temperatura corporea ed al diavolo le convenzioni
sociali. In un ambiente simile contava di più la sopravvivenza.
Stesso luogo. Oggi. John Clayton termina
il suo racconto ed aggiunge:
-Non appena mi sono reso conto che stavi meglio
mi sono dato da fare ad accendere un fuoco con quello che avevo a
disposizione.-
-Sembri cavartela molto bene e vedo che non ti
imbarazza affatto essere nudo.- gli dice Lee.
-Gli esseri umani nascono nudi. I vestiti sono
una necessità nata per proteggersi dal freddo visto che non abbiamo una
pelliccia naturale ed una convenzione sociale per nascondere parti del corpo
che si ritiene sconveniente mostrare, un problema che gli animali non si
pongono. E se te lo stai chiedendo: no, non ho approfittato dell’occasione per
prendermi delle libertà con te... anche se ammetto che la tentazione sarebbe
stata forte.-
-Non ho mai avuto dubbi su questo. So che sei
un vero gentleman britannico.-
-Ma nell’animo sono anche un selvaggio… ed ho
un debole per le bionde.- replica lui sogghignando.
Lee
scuote la testa poi cambia discorso.
-Hai una vaga idea di dove siamo?-
-Nessuna.- risponde John cupo -Potremmo essere
in una delle tante isole non segnate sulle mappe o sulla terraferma dal lato
opposto rispetto a dove si trova il nostro campo base. Odio dirlo ma se anche
verranno a cercarci potrebbero non trovarci mai.-
-Sei decisamente pessimista.-
-Realista piuttosto. Quando la tempesta si sarà
placata voglio andare in esplorazione. Forse riuscirò a capire la nostra
posizione.-
Un
ringhio attira improvvisamente la loro attenzione. A quanto pare la caverna
aveva un occupante ed ora che è tornato non è affatto contento di trovarci
degli intrusi.
È
una specie di gorilla ma più grosso di qualunque altro John Clayton abbia mai
visto prima. Deve appartenere ad una qualche specie ormai estinta altrove.
Forse un gigantopiteco od un’altra specie simile. Non che saperlo gli sia utile
a qualcosa.
La
grande scimmia emette una sorta di grido e cerca di afferrarlo. John riesce ad
evitarlo di stretta misura e si getta verso la sola possibile arma che ha a
disposizione: un coltello che portava alla cintura al momento dell’incidente.
Lo afferra e rotola di lato rimettendosi poi subito in piedi.
Il
gorilla o quello che è ha intanto rivolto le sue attenzioni a Lee. Sembra
indeciso sul da farsi ma alla fine la afferra per i capelli attirandola verso
di sé.
Clayton gli balza
addosso da dietro e gli si avvinghia con le gambe costringendolo a mollare la
presa sulla donna poi lo colpisce ripetutamente al petto con il coltello che ha
nella mano destra.
Apparentemente
non sembra ottenere grande successo. Forse gli organi vitali del primate sono
troppo all’interno per la sua lama o forse quel maledetto animale è troppo
resistente.
Agitandosi
nel tentativo di afferrarlo, la scimmia gli fa cadere di mano il coltello.
Prova anche a scrollarselo di dosso ma l’uomo riesce a resistere.
John
si rende conto di essere perduto a meno che non gli riesca una mossa che gli è
stata insegnata fin da bambino, sempre ammesso che la ricordi correttamente e
che gli anni passati dietro una scrivania non lo abbiano rammollito, pensa.
Passa
entrambe le braccia sotto la gola del suo avversario spingendo
contemporaneamente il ginocchio contro la sua spina dorsale.
A questo punto,
comincia a spingere il collo del primate indietro, sempre più indietro, ancora
più indietro, finché non si sente uno schiocco secco e la scimmia smette di
agitarsi. Clayton balza lontano mentre il gigantesco primate crolla a terra
morto.
-Mi dispiace...- mormora l’uomo -… ma non mi
hai dato scelta.-
Lee
corre verso di lui.
-È… è stato incredibile!- esclama.
Gli
butta le braccia al collo e lo bacia. John esita qualche istante poi ricambia
il bacio, la stringe alla vita ed infine entrambi si lasciano scivolare a
terra.
4.
La tempesta è passata
così rapidamente com’è arrivata lasciando appena una traccia di odore nell’aria
che presto scompare.
Al campo base della
Spedizione Clayton Jim Scully controlla per l’ennesima volta il suo
equipaggiamento. Sa perfettamente che è tutto a posto ma la cosa fa parte del
suo addestramento nelle Forze Speciali: mai dare nulla per scontato, un errore
può costarti la vita ed è ancora più vero in questa jungla fuori dal tempo.
Il Dottor Raymond Corey
gli si avvicina e gli dice:
-Lo sai che è una follia, vero, Skull? Non hai
quasi nessuna speranza di ritrovarli vivi. Non sai nemmeno dove cercarli. Il
GPS della loro imbarcazione non dà segnali da un be pezzo ormai.-
-Eppure devo almeno provarci o la mia coscienza
non mi darà pace per il resto dei miei giorni.- replica Scully -Sai cos’è una
coscienza, Corey?-
-Non perdo nemmeno tempo a risponderti.-
-Cerca almeno di non correre rischi inutili,
Jim.- gli dice la bionda Ann Reynolds.
Skull
sorride e ribatte:
-Mi conosci Ann, l’ho mai fatto?-
-Anche io preferisco non rispondere a questa
domanda.- replica lei abbozzando un sorriso.
In
quel momento dalla nave madre arriva Jane Clayton. Indossa un body che sembra
fatto di pelle di leopardo che le lascia scoperte spalle, braccia e gambe. Ai
piedi ha un paio di leggeri mocassini dello stesso materiale. Alla cintura è
assicurata una fondina con un coltello.
I
presenti la guardano sorpresi e probabilmente colpiti dal suo abbigliamento.
Corey sembra che stia per dire qualcosa ma sceglie di non farlo.
-Quando partiamo?- chiede la donna.
-Hai intenzione di venire anche tu?- le chiede
Skull -Non credo che sia una buona idea.-
-Non mi interessa quello che credi tu: mio
fratello è scomparso ed io non me ne resterò qui buona buona in attesa di
notizie. Fine della discussione.-
-So per esperienza che è inutile discutere con
Jane quando si mette in testa qualcosa.- interviene Clayton Muviro, un nero
alto e robusto di etnia Waziri.
-Uhm.- borbotta Jim per poi rivolgersi di nuovo
a Jane -Almeno lo sai usare quel col…-
Non
ha finito la frase che si ritrova la lama puntata contro l’ombelico.
-Ti basta o vuoi che vada più a fondo?- gli
dice Jane con un sorrisetto -Potrei davvero provarci, sai? Dopotutto non mi hai
detto che quella tua cintura genera una specie di campo di forza che ti
protegge dagli attacchi? Potremmo vedere se funziona.-
-Sono convinto.- replica Skull -Verrai con noi,
ma seguirai i miei ordini come tutti gli altri.-
-Signorsì, signor capitano.- replica lei in
tono ironico e mimando l’attenti.
-Verrò con voi anch’io.- annuncia Corey -Sarà
meglio che ci sia qualcuno di buon senso in questa spedizione di soccorso.-
Skull
non replica, ma gli lancia un’occhiataccia.
La
Terra Selvaggia è tuttora in gran parte inesplorata e perfino chi, come Ka-Zar,
se ne proclama Signore, non la conosce davvero tutta. Per esempio, fino a non
molto tempo fa ignorava l’esistenza di questa città fortificata, una
struttura avanzata, sofisticata, svettante gloria di architettura verticale
abbastanza grande da ospitare agevolmente un milione di abitanti, eppure per
lungo tempo è rimasta sconosciuta a tutti grazie alla sua elevata tecnologia.
Coloro che vi dimorano chiamano sé
stessi Hauk’ka ed è abbastanza palese che discendano dai grandi rettili che un tempo
popolavano la Terra prima dell’avvento dei mammiferi e che sono popolarmente
noti come dinosauri.
Uno di loro,
decisamente grande e grosso che indossa
un’armatura color sangue e oro, con una stilizzata zampa rettiliana artigliata
impressa sul petto ed ampi speroni aguzzi a decorare polsi e caviglie, sta
osservando uno schermo e se fosse umano si direbbe sembra ombra di dubbio che
quella che ha sul viso (muso?) è un’espressione corrucciata.
Lo schermo mostra uno scorcio di
radura e tre familiari figure.
-Quel maledetto
Ka-Zar, la sua femmina ed il suo felino si stanno avvicinando troppo ai confini
del nostro regno- dice il sauro -Una trasgressione intollerabile.-
-Mi perdoni, Generale
Takon…- interviene un altro sauro
decisamente più magro, che assomiglia moltissimo ad un
velociraptor antropomorfo ed indossa una tunica
bianca attraversata ai fianchi da una banda fiammeggiante oro -… ma ancora non
sono entrati nella nostra zona ed attaccarli senza provocazione potrebbe…-
Non termina la frase perché quello
chiamato Takon lo stringe per il collo e lo solleva da terra dicendo:
-Tu sarai anche il
nostro capo scienziato e membro del Consiglio degli Anziani, Ek’Dam, ma nelle
questioni militari decido io, è chiaro?-
-Chia…chiaro.-
biascica L’anziano sauro.
-Ottimo! Ed ora che
abbiamo chiarito questo punto, lasciami fare il mio lavoro.-
Takon lascia la presa sul collo
dello scienziato, si alza dalla sua sedia, si mette in capo un elmo dotato di
una lama affilata per cresta e si avvia verso un’uscita.
Ek’Dam sospira. Il suo intervento
non è servito a nulla. I militari ragionano tutti allo stesso modo, ma la cosa
peggiore è che l’Imperatore è della stessa idea di Takon e questo non potrà che
portare solo guai a tutto il popolo degli Hauk’ka.
Da
qualche altra parte il sole illumina l’interno di una caverna i cui occupanti
sono due esseri umani.
-Quello che è successo la notte
scorsa è stato un errore.- dice la ragazza dai capelli biondi il cui nome è Lee
Forrester.
-Per gli standard della civiltà a
cui abitualmente apparteniamo indubbiamente sì.- risponde l’uomo dal fisico
atletico, i capelli neri e gli occhi grigi.
Il suo
nome è John Clayton, Barone Clayton per la precisione, anche se a vederlo
adesso nessuno lo prenderebbe per un esponente dell’aristocrazia britannica.
- Tuttavia…- prosegue -… in
questo luogo ed in queste circostanze si applicano standard diversi.-
-Vuoi dire che non sei pentito di
aver tradito tua moglie?-
John
fa un sorriso amaro e risponde:
-Ovviamente sì. Amo mia moglie,
siamo sposati da più di vent’anni, abbiamo tre splendidi figli, come potrei non
dispiacermi di ciò che è accaduto tra noi due stanotte? Sono, però, abbastanza
onesto con me stesso da accettare che in quel momento ciò che è successo era
inevitabile. Anche Meg lo capirebbe se lo sapesse…, ma non lo saprà mai.-
Lee
non replica ma è poco convinta. Dopotutto è nella natura umana trovare
giustificazioni per i propri comportamenti scorretti..
Decide
di cambiare discorso.
-Quello che hai fatto con quel gorilla
è stato incredibile. L’ho visto fare nei film ma non credevo…-
-Che un uomo normale, senza
superpoteri, potesse farlo davvero.-
-Nemmeno io finché non l’ho
fatto.- replica lui -Era in gioco la nostra sopravvivenza e l’adrenalina ha
fatto il resto. Sono abbastanza sicuro che il mio trisnonno ci avrebbe messo
meno tempo ma io non sono lui.-
-Lo hai già nominato un paio di
volte, ma è davvero…?-
Prima
che Lee termini la frase si odono rumori fuori dalla caverna. Clayton impugna
saldamente il suo coltello. Se sono in arrivo altri guai non lo troveranno
impreparato.
5.
Il
motoscafo con a bordo, tra gli altri, Jim Scully, Jane Clayton e Raymond Corey
attraversa la barriera corallina raggiungendo il mare aperto.
-Dovremmo essere vicini al punto
in cui il motoscafo di mio fratello è stato attaccato.- commenta Jane -Chissà
se quel mostro è ancora da queste parti?-
-Meglio comportarci come se ci
fosse e stesse per attaccarci.- replica Skull -Muviro mi senti?-
<<Forte e chiaro come se
fossi accanto a me, Skull.>> risponde il Waziri dall’altro motoscafo ed
in effetti anche la sua voce risuona chiara al microfono di Skull.
-Tieniti pronto al peggio allora,
perché potrebbe accadere in ogni momento.-
E
come se fosse stato evocato, un gigantesco sauro sbuca da sotto il motoscafo di
Muviro, che ha appena superato la barriera, sollevandolo come se fosse senza
peso per poi farlo ricadere.
Dall’altra
imbarcazione non possono far altro che guardarne gli occupanti sbalzati fuori
dall’imbarcazione ricadere in acqua.
Il
motoscafo di Skull inverte la rotta dirigendosi verso i naufraghi mentre il
sauro si volge verso di loro.
-Sparategli, maledizione!- urla
Jim.
Una
scarica di proiettili si abbatte sull’animale ma apparentemente senza effetto.
-Non si ferma! Tra poco ci
travolgerà!- urla Jane.
-Non mi resta che un ultimo
tentativo.- borbotta Scully.
Spicca
un balzo e riesce ad attaccarsi al collo del sauro. Passa qualche istante poi
una luce azzurrognola lo avvolge ed in contemporanea si sente una sorta di
crepitio mentre nell’aria si sente odore di ozono.
Il
sauro emette uno strano verso poi reclina il collo e ricade verso l’acqua.
Contemporaneamente Skull molla la presa e si tuffa lontano per poi riemergere
poco dopo accanto al motoscafo.
-A quanto pare, la tua cintura
funziona ancora dopo tutto questo tempo.- commenta Corey -Prima o poi mi
piacerebbe esaminarla per cercare di capire di capire come si alimenta.-
-Un’altra volta, forse.- replica
Skull -Ora abbiamo cose più urgenti a cui pensare.-
-Dobbiamo recuperare Clay e gli
altri.- puntualizza Jane.
-Ed alla svelta anche.- ribatte
l’altro -Per quanto ne sappiamo, queste acque nascondono altre insidie.-
Jane
fa un cenno di assenso. La ricerca di suo fratello dovrà aspettare ancora un
po'.
John
Clayton e Lee Forrester escono all’aperto e si trovano di fronte un gruppo di
ominidi più simili a scimmie che ad uomini anche se sono in parte coperti da
pelli di animale ed impugnano rozze lance e scuri di pietra. Sua sorella Jane,
che è antropologa, probabilmente saprebbe come classificarli, pensa John, ma a
lui basta la semplice definizione di uomini scimmia.
-Altri guai in arrivo.- commenta
Lee.
-Suppongo che sia inutile dirti
di metterti dietro di me. Lo considereresti sessista o qualcosa del genere.-
-Esatto.- replica la ragazza
-Sono perfettamente in grado di difendermi da sola e non è nemmeno la prima
volta che mi trovo nei guai. Certo, le altre volte avevo almeno qualche arma.-
Clayton
le passa il coltello dicendo:
-Usa questo se è necessario. Io
posso cavarmela senza.-
-Ancora il gentleman britannico
eh? Ok.-
Intanto
il gruppetto di ominidi si è fermato e li scruta con diffidenza, poi uno di
loro, il capo probabilmente, emette dei suoni gutturali che lasciano Clayton
perplesso.
-Possibile?- si chiede sorpreso.
Avanza
verso gli ominidi con le mani alzate e mostrando il palmo, un segno di pace
universalmente noto tra gli umani e spera che lo sia anche tra di loro. Dalla
sua gola escono suoni che Lee non riesce a capire.
Adesso
è il turno del capo degli ominidi di restare perplesso. Dopo qualche secondo
dice di nuovo qualcosa e John replica iniziando un fitto dialogo.
Alla
fine l’inglese si rivolge alla sua compagna:
-Tutto a posto. Sono riuscito a
spiegare loro la situazione ed ora non sono ostili.-
-Tu parli la loro lingua?-
chiede, ancora perplessa, Lee.
-Non proprio.- risponde lui con
un sorrisetto -In realtà parlano una variante della lingua dei Mangani, che io
conosco abbastanza bene, è simile quanto basta perché riusciamo a comunicare.-
-I Mangani?-
-La razza di grandi scimmie
antropomorfe in mezzo alle quali è cresciuto il mio trisnonno. È così che
chiamavano sé stesse e parlavano un linguaggio molto semplice rispetto a quelli
umani moderni. Forse questa tribù discende dallo stesso ceppo. Mia sorella
saprebbe sicuramente dirti di più ma purtroppo non è qui.-
-E adesso che succede?-
-Quel gorillone che ho ammazzato
ha dato loro parecchi fastidi. Erano usciti dal loro villaggio proprio per
dargli la caccia. Ci sono riconoscenti così saremo ospiti nel loro villaggio.
Almeno avremo cibo, acqua e forse anche qualcosa con cui coprirci. Magari
banchetteremo a base di bistecche di gorilla gigante.-
-Posso dire che la prospettiva
non mi entusiasma?-
La
risposta di John Clayton è una sonora risata.
Ka-Zar
e Shanna si fermano di colpo mentre Zabu emette un sordo ruggito.
-Lo senti anche tu, non è vero?-
chiede Ka-Zar alla sua compagna.
-Questo improvviso assordante
silenzio? Ovviamente sì.- risponde lei -la jungla si è azzittita di colpo e
questo significa sempre guai in arrivo, in più, qualcuno ci sta osservando,
direi tra gli alberi sulla nostra sinistra.-
Ka-Zar
sorride. Era sicuro che anche sua moglie se ne fosse accorta. I loro nemici,
perché è abbastanza certo che abbiano intenzioni ostili, credono di essersi
nascosti bene ma non hanno fatto i conti con la loro abilità.
-Che facciamo?- gli chiede
Shanna.
-Così a occhio non devono essere
più di una dozzina, direi di attirarli allo scoperto e sistemarli.-
-Mi piace la tua fiducia in te
stesso, Kevin.-
-In noi stessi.- la corregge lui
sorridendo.
Si
volge verso la foresta e grida:
-Avete intenzione di restare
nascosti? Non avete il coraggio di affrontarci, forse?-
Si
sentono dei rumori poi dagli alberi emerge una mezza dozzina di sauridi che
indossano una specie di divisa azzurra. Uno di loro avanza verso Ka-Zar ed i
suoi compagni dicendo:
-Avete oltrepassato i confini del
territorio Hauk’ka. La pena per questa trasgressione è la morte.-
-Non sapevamo di averlo fatto.-
replica Ka-Zar -Non ci sono segni che marchino il confine e del resto, fino a
poco tempo fa[2]
ignoravamo perfino la vostra stessa esistenza.-
-Non è una giustificazione,
umani. La vostra trasgressione richiede comunque la vostra punizione.-
-Se pensate che resteremo fermi a
farci uccidere, vi sbagliate di grosso e per quanto bene possiate essere armati
non è affatto detto che voi soli riusciate a prevalere contro noi tre.-
-Non ho mai detto che eravamo
soli.- replica lo Hauk’ka indicando il cielo.
Ka-Zar
e Shanna guardano istintivamente verso l’alto e vedono arrivare due navicelle
di metallo scintillante al sole.
-Ho la sensazione che siamo
davvero nei guai adesso.- mormora la regina della jungla.
CONTINUA
NOTE DELL’AUTORE
Che dire? Non molto, in verità,
quindi non perdiamo tempo:
1) Robert
Plunder, che appare nei primi flashback, è il padre di Ka-Zar ed è stato creato
da Stan Lee e John Romita Sr su Daredevil Vol. 1° #13 datato febbraio 1966.
2) L’isola a
cui fa riferimento Plunder è apparsa in tre racconti di Edgar Rice Burroughs
pubblicati nel 1918 e noti come Trilogia di Caspak, dal nome dell’isola. L’idea
di renderla parte della Terra Selvaggia, di cui quasi certamente è stata
l’ispiratrice, è mia.
3) Gli
Hauk’ka sono una creazione di Chris Claremont & Alan Davis e sono apparsi
per la prima volta su Uncanny X-Men Vol. 1° #455 datato febbraio 2005.
Nel
prossimo episodio: tante cose, troppe per parlarne adesso.
Carlo